Personaggi. Maria Plozner Mentil
Maria Plozner Mentil: L’Eroina Silenziosa delle Montagne, Simbolo del Coraggio Femminile nella Grande Guerra
Nel grande affresco della storia, ci sono figure che, pur non avendo il fragore delle battaglie o lo splendore delle incoronazioni, brillano di una luce intensa e commovente. Maria Plozner Mentil (1884-1916) è una di queste. La sua storia non è quella di una condottiera o di un’esploratrice, ma di una donna comune, una madre di quattro figli, che, tra le aspre montagne della Carnia, divenne simbolo universale di sacrificio, resilienza e profondo attaccamento alla propria terra e alla propria gente. La sua vita, interrotta troppo presto dai proiettili della Grande Guerra, risuona oggi come un monito e un omaggio al ruolo spesso invisibile ma cruciale delle donne nei momenti più drammatici della storia.
Attraverso la sua figura, esploreremo il volto meno noto del fronte alpino: quello delle retrovie, delle fatiche quotidiane, del coraggio muto di migliaia di “portatrici” che, sotto il fuoco nemico, garantirono i rifornimenti vitali ai soldati in trincea. La sua vicenda, sebbene ambientata tra le Prealpi Giulie, è intrinsecamente legata all’esperienza delle comunità montane dell’intero arco alpino, comprese le Dolomiti, dove donne e civili condivisero analoghe prove e sacrifici. Questa pagina è dedicata alla sua memoria, un tributo alla forza inesauribile dello spirito femminile di fronte all’orrore della guerra.
La Vita in Carnia: Tra Montagne, Tradizioni e Dure Realtà
Maria Plozner nacque il 17 febbraio 1884 a Timau, una frazione del comune di Paluzza, nel cuore della Carnia, una regione montuosa del Friuli-Venezia Giulia, culturalmente e linguisticamente peculiare (la comunità di Timau, ad esempio, è di origine tedesca). La vita in queste valli, a cavallo tra l’Impero Austro-Ungarico e l’Italia, era segnata da una profonda connessione con la montagna: l’agricoltura di sussistenza, la pastorizia, lo sfruttamento delle risorse forestali e l’artigianato erano le principali fonti di sostentamento. La fatica fisica, il clima rigido e l’isolamento erano compagni costanti di un’esistenza in cui la forza d’animo e la solidarietà comunitaria erano essenziali per la sopravvivenza.
Maria, come molte donne della sua generazione, crebbe in questo ambiente, apprendendo fin da giovanissima l’arte della “portatura” – il trasporto di carichi pesanti su sentieri impervi, utilizzando la “gerla” (uno zaino tradizionale in legno e vimini) o il “cestin”, una pratica comune per il commercio e gli scambi tra le valli. Sposò Giuseppe Mentil ed ebbe quattro figli, conducendo una vita semplice ma dignitosa, radicata nelle tradizioni secolari della sua gente. La sua quotidianità, come quella di migliaia di donne alpine, era un intreccio di lavoro domestico, cura della famiglia e supporto all’economia locale, spesso in assenza degli uomini, costretti all’emigrazione stagionale o permanente per trovare lavoro.
SCHEDA DI APPROFONDIMENTO: La Carnia e l’Identità Alpina
Un Territorio di Confine, una Cultura Unica
La Carnia è una regione storica e geografica delle Alpi Carniche e delle Prealpi Giulie, caratterizzata da valli profonde e cime maestose. La sua posizione di confine l’ha resa un crocevia di culture e tradizioni, con influenze slave, germaniche e latine. La comunità di Timau (Tischlbong in dialetto tedesco) è un esempio lampante di questa ricchezza: si tratta di un’isola linguistica germanofona, i cui abitanti parlano un antico dialetto bavarese, frutto di migrazioni medievali.
Le donne carniche, in particolare, erano note per la loro forza e operosità. La necessità di affrontare i lavori più duri, in un ambiente spesso ostile, forgiò un carattere robusto e indipendente. La pratica della “portatura” non era solo un mezzo di trasporto, ma un’espressione della loro autonomia economica e della loro capacità di adattamento. La vita in montagna, quindi, non era solo una questione di sopravvivenza, ma anche di sviluppo di un’identità forte e distintiva, basata sul rispetto per la natura, il duro lavoro e la profonda interconnessione comunitaria. Questi valori si riveleranno cruciali di fronte alla tragedia imminente della guerra.
Lo Scoppio della Grande Guerra e l’Eroismo delle “Portatrici”
Quando l’Italia entrò nella Prima Guerra Mondiale nel maggio del 1915, il fronte si estese rapidamente lungo l’arco alpino, trasformando le montagne, fino ad allora luoghi di pace o di lavoro, in campi di battaglia cruenti e inospitali. La Carnia si trovò in prima linea, con le sue valli che divennero vitali vie di comunicazione per rifornire le posizioni avanzate. Le condizioni erano estreme: sentieri impervi, neve perenne, freddo intenso e il costante pericolo del fuoco nemico.
In questo scenario apocalittico, un ruolo insostituibile fu svolto dalle “Portatrici Carniche”. Migliaia di donne, perlopiù anziane, madri, giovani ragazze, si offrirono volontarie o furono reclutate per trasportare viveri, munizioni, vestiti, medicinali e materiali da costruzione dai magazzini di fondovalle fino alle trincee, situate a quote spesso proibitive. Con le loro gerle cariche di decine di chili, affrontavano quotidianamente percorsi pericolosi, esposte al fuoco dell’artiglieria e dei cecchini austriaci. Era un lavoro massacrante e mortale, che le metteva a diretto contatto con gli orrori della guerra, ma che era essenziale per la sopravvivenza dei soldati al fronte. Senza di loro, la linea italiana sarebbe crollata.
SCHEDA DI APPROFONDIMENTO: Il Ruolo delle Donne nel Fronte Alpino della Grande Guerra
Non Solo “Portatrici”: Un Contributo Multiforme e Indispensabile
Il ruolo delle donne nella Grande Guerra, soprattutto sul fronte alpino, fu molto più ampio e variegato di quanto spesso si ricordi. Oltre alle portatrici, migliaia di donne rimasero nelle retrovie, occupandosi non solo dei lavori tradizionali (agricoltura, allevamento) ma anche di mansioni nuove e cruciali per lo sforzo bellico: infermiere negli ospedali da campo, lavandaie, cuoche, sarte, addette alle comunicazioni e, in alcuni casi, operaie nelle fabbriche che producevano armi e munizioni. Nelle valli montane, esse divennero il pilastro su cui si reggeva l’intera economia locale e l’organizzazione sociale.
Le portatrici, in particolare, operarono in condizioni estreme e con rischi altissimi. Non erano inquadrate nell’esercito, non ricevevano paga (solo un piccolo indennizzo) e non godevano dello status di militare, eppure il loro contributo fu equiparabile a quello dei soldati in trincea. Esse furono le “linee di vita” che mantennero operativo il fronte. La loro storia è rappresentativa di tutte le donne che, in ogni conflitto, si trovano a sostenere il peso invisibile ma fondamentale della guerra, lontano dalle celebrazioni ufficiali ma con un coraggio immenso. La loro vicenda è un monito sulla brutalità della guerra e sulla forza inesauribile dello spirito umano.
Il Sacrificio di Maria: Il Simbolo di un Eroismo Collettivo
Tra le centinaia di portatrici, Maria Plozner Mentil si distinse per il suo coraggio e la sua dedizione. Nonostante avesse quattro figli da accudire, non esitò a mettersi al servizio della patria. Per mesi, affrontò quotidianamente i ripidi e pericolosi sentieri del Pal Piccolo e del Freikofel, trasportando carichi vitali sotto il costante tiro nemico. La sua forza d’animo e la sua determinazione divennero un esempio per le compagne e un sostegno morale per i soldati.
Il 15 febbraio 1916, il destino tragico della guerra si compì. Mentre stava trasportando il suo carico verso le trincee sul Freikofel, un proiettile di cecchino austriaco la colpì a morte. Maria Plozner Mentil cadde sui monti che tanto bene conosceva e amava, sacrificando la propria vita per un ideale di solidarietà e patria. La sua morte non fu un episodio isolato; molte altre portatrici persero la vita o furono ferite gravemente. Tuttavia, la sua storia divenne rapidamente un simbolo, un emblema dell’eroismo delle donne carniche e di tutte le donne che, silenziosamente, contribuirono allo sforzo bellico.
SCHEDA DI APPROFONDIMENTO: Il Riconoscimento Ufficiale: La Medaglia d’Oro
L’Onore Tardi per un Sacrificio Immense
Per lungo tempo, l’eroismo delle Portatrici Carniche e il sacrificio di Maria Plozner Mentil rimasero in gran parte privi di un riconoscimento ufficiale adeguato. Fu solo molto tempo dopo la fine del conflitto, grazie all’impegno di storici, associazioni e della comunità locale, che la loro storia emerse con tutta la sua potenza.
Il 26 ottobre 1997, a oltre ottant’anni dalla sua morte, Maria Plozner Mentil è stata insignita della Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria, con la seguente motivazione: “Con eccezionale coraggio e spirito di abnegazione, pur consapevole dei gravi rischi cui si esponeva, svolgeva ininterrottamente il servizio di portatrice dalla Valle del But alle prime linee. Incurante del pericolo, persisteva nella sua azione di rifornimento finché, colpita a morte da un proiettile nemico, immolava la giovane vita per la Patria”. Questo riconoscimento tardivo, ma giustissimo, ha posto finalmente Maria e, attraverso di lei, tutte le portatrici, nel Pantheon degli eroi nazionali, un simbolo della forza incommensurabile e del sacrificio delle donne italiane.
La cerimonia di consegna della medaglia, tenutasi a Timau, fu un momento di grande emozione e giustizia storica, che ha permesso di tramandare la memoria di queste figure cruciali alle nuove generazioni, onorando il loro coraggio e il loro contributo.
L’Eredità e la Memoria: Maria Plozner Mentil Oggi
Oggi, Maria Plozner Mentil è molto più di un nome su una lapide. È un simbolo. È la figura che rappresenta il coraggio silenzioso, la resilienza e l’eroismo quotidiano di migliaia di donne che, durante la Grande Guerra e in altri conflitti, hanno sostenuto le proprie comunità e la propria nazione con una forza d’animo straordinaria. La sua storia risuona particolarmente forte nelle Alpi e nelle Dolomiti, dove il ricordo del fronte e delle sofferenze patite dai civili è ancora vivo.
A Timau, un monumento la ricorda, e il Museo della Grande Guerra espone oggetti e testimonianze della vita delle portatrici. La sua figura è studiata nelle scuole, celebrata in rievocazioni storiche e onorata in cerimonie ufficiali. Maria Plozner Mentil ci ricorda che l’eroismo non è solo sui campi di battaglia, ma anche nella resistenza quotidiana, nella dedizione alla famiglia e alla comunità, nel coraggio di affrontare l’impossibile. La sua memoria è un faro per le nuove generazioni, un invito a non dimenticare le lezioni della storia e a riconoscere il valore inestimabile di ogni vita, specialmente di quelle donne che, come lei, hanno sacrificato tutto in nome della solidarietà e della patria, tra le vette silenziose e imponenti delle nostre montagne.
SCHEDA DI APPROFONDIMENTO: Il Fronte Alpino e le Dolomiti: Esperienze Parallele
Un Destino Condiviso tra Montagne
Anche se Maria Plozner Mentil operò specificamente in Carnia, la sua esperienza è profondamente connessa a quella vissuta in tutte le aree del fronte alpino, comprese le Dolomiti. Qui, tra le cime del Lagazuoi, del Col di Lana, del Sass di Stria, e lungo le linee che si estendevano dal Trentino al Cadore, si combatté una guerra altrettanto dura e logorante. Anche nelle Dolomiti, la logistica fu una sfida immane, con il trasporto di materiali che richiedeva lo stesso tipo di sforzo e sacrificio.
Donne e bambini delle valli dolomitiche e prealpine, pur non sempre inquadrati come le “portatrici carniche”, svolsero ruoli simili di supporto, contribuendo alla costruzione di strade e sentieri, al trasporto di merci, alla cura dei feriti e alla gestione delle retrovie, spesso sotto il costante pericolo di bombardamenti e rappresaglie. La vicenda di Maria Plozner Mentil, quindi, non è un caso isolato, ma un esempio emblematico di un fenomeno diffuso, che dimostra come le popolazioni montane, e in particolare le donne, furono attori fondamentali e spesso vittime dimenticate di un conflitto che sconvolse l’intera Europa. Ricordare lei significa ricordare tutti coloro che, tra le nostre amate montagne, hanno affrontato l’orrore della guerra con incredibile dignità e coraggio.
Maria Plozner Mentil: il volto di un eroismo silente e universale, un’icona del coraggio femminile che, dalle vette della Carnia, ci parla ancora oggi di sacrificio, resilienza e profondo amore per la propria terra.




