Viaggi. Borghi Dolomitici. Friuli. Illegio.
Nel cuore della Carnia, nascosto tra le pieghe delle Alpi friulane, c’è un paese che non si attraversa per caso. Si chiama Illegio, e per arrivarci bisogna volerlo. La strada sale da Tolmezzo, si arrampica tra tornanti e boschi, e poi si apre all’improvviso su una conca verde, silenziosa, dove il tempo ha scelto di rallentare. Qui non c’è fretta, non c’è rumore. C’è solo la bellezza che si lascia scoprire piano.

Illegio (friulano: Dieç)
è una frazione del comune di Tolmezzo, in provincia di Udine, Friuli Venezia Giulia. È incastonato in una conca verde tra le Alpi Carniche, a circa 4 km da Tolmezzo, accessibile solo da una strada panoramica che sale tra boschi e tornanti.
Come arrivare
- In auto: Autostrada A23 → uscita Carnia → Tolmezzo → strada per Illegio.
- In treno: Stazione Udine → autobus per Tolmezzo → bus locali (linee 130 e 141).
- A piedi o in bici: sentiero CAI da Tolmezzo, 1h circa, salita panoramica.
Dove mangiare e dormire
- La Buteghe di Pierute: cucina carnica autentica, frico, polente, selvaggina.
- Albergo Diffuso Tolmezzo: possibilità di dormire in case storiche ristrutturate.
- Ristorante Miramonti: vista sulla valle, piatti tradizionali e accoglienza familiare.
Illegio è minuscolo, ma ha una storia che si stende su secoli. Le sue origini affondano nell’epoca romana, e gli scavi archeologici hanno portato alla luce un sacello paleocristiano del IV secolo, dedicato a San Paolo. È la più antica chiesa rurale alpina mai rinvenuta, e non è stata scoperta da studiosi con mappe e radar, ma grazie alle parole degli anziani del paese. Raccontavano di una pietra sacra sopra il borgo, e quella pietra ha guidato gli archeologi verso la verità. Così, a Illegio, la memoria orale ha dimostrato di custodire la storia meglio di qualsiasi archivio.
Nel Medioevo, Illegio era un baluardo longobardo. La famiglia dei de Legio, forse all’origine del nome stesso del paese, abitava dimore castellane e gestiva i territori agricoli e boschivi. Le tracce di queste fortificazioni sono ancora visibili, incastonate tra le case e i sentieri. Poi vennero i secoli della vita contadina, dei mulini, delle corti autosufficienti. Illegio prosperava grazie all’acqua: al centro del borgo sgorga la sorgente del Touf, che alimenta un reticolo di canalette e ha reso possibile la costruzione di almeno otto mulini ad acqua.
Ognuno aveva il suo nome, la sua famiglia, il suo giorno di utilizzo. Il Mulin dal Flec, risalente al 1670, è ancora funzionante. La sua ruota esterna è mossa da una cascata di due metri e mezzo, il tronco di pino nero trasmette il movimento a una ruota dentata interna, le mole sovrapposte macinano il grano, la tramoggia lo raccoglie, il setaccio lo separa. È un ingegno antico, preciso, che racconta la dignità del lavoro.
Illegio non ha mai avuto una grande fabbrica o una dinastia industriale, ma ha saputo reinventarsi attraverso la cultura, la memoria e la bellezza. Oggi è un esempio di economia spirituale e creativa, dove il lavoro nasce dalla valorizzazione del territorio e della sua storia.
Perché così tanti mulini?
Illegio è un paese d’acqua: al centro del borgo sgorga la sorgente del Touf, che alimenta un fitto reticolo di canalette. Questo ha reso possibile la costruzione di almeno otto mulini ad acqua, distribuiti lungo il Percorso dei Mulini, oggi in parte restaurati.
Questi mulini erano fondamentali per la sussistenza delle famiglie: macinavano grano, orzo, segale, castagne. Ogni famiglia aveva diritto a usare un mulino in determinati giorni, secondo un sistema comunitario.
Le case di Illegio sono costruite in pietra e legno, con tetti spioventi coperti di scandole o tegole, ballatoi in larice, stalle al piano terra, abitazioni sopra, fienili in cima. Ogni casa è un microcosmo, pensato per resistere al freddo, per sfruttare il sole, per vivere e lavorare senza uscire. La Corte Anzil, con il suo portico, la stalla e il fienile affiancati, è l’esempio più puro di architettura carnica. Qui non si costruiva per apparire, ma per durare.
Mostra annuale d’arte sacra
- Curata da Don Alessio Geretti, teologo e critico d’arte.
- Ogni anno un tema universale (es. “Padri e Figli”, “La bellezza”, “L’ultima creatura”) con opere originali da musei internazionali.
- Ospitata nella Casa delle Esposizioni, edificio ristrutturato con criteri museali.
Pieve di San Floriano
- Chiesa altomedievale (VIII sec.), su un’altura panoramica.
- Affreschi del Duecento, altari lignei di Domenico Mioni e Carlo da Carona.
- Ogni 4 maggio, processione degli illegiani con litanie latine secondo il rito aquileiese.
Via dei Mulini
- Percorso lungo il rio Touf con 8 mulini storici.
- Il Mulin dal Flec (o dal Ross), risalente al 1670, è ancora funzionante.
- Ruota esterna mossa da cascata di 2,5 m, trasmissione del moto con tronco di pino nero, mole sovrapposte regolabili, tramoggia e setaccio.
Scavi archeologici
- Resti di culti rupestri augustei, chiesa paleocristiana del IV sec., fortificazioni longobarde.
- Scoperti grazie alle narrazioni degli anziani.
- Collaborazione con Università di Udine e Soprintendenza FVG.
Corte Anzil
- Casa rurale carnica con portico, stalla, fienile.
- Visitabile su richiesta, sede di laboratori didattici.
Nel 1976, il terremoto colpì anche Illegio. Le case tremarono, alcune crollarono, ma la priorità degli abitanti fu salvare la Pieve di San Floriano. Quella chiesa, costruita nel IX secolo su un’altura panoramica, è il cuore spirituale del borgo. Ogni 4 maggio, gli illegiani vi salgono in processione, cantando litanie in latino secondo il rito aquileiese. Dentro ci sono affreschi del Duecento, altari lignei scolpiti da Domenico Mioni e Carlo da Carona, una cripta che profuma di storia. La Pieve non è solo un edificio: è un legame.
I “de Legio”
Il nome stesso del paese, Illegio, potrebbe derivare da de Legio, antica famiglia feudale che dominava la zona in epoca medievale. Fonti archeologiche e toponomastiche indicano la presenza di dimore castellane e fortificazioni legate a questa stirpe, probabilmente di origine longobarda. I “de Legio” erano signori locali, legati alla Pieve di San Floriano e alla gestione dei territori agricoli e boschivi circostanti.
Famiglie contadine e mulinari
Nei secoli successivi, la ricchezza non fu più nobiliare ma comunitaria: le famiglie che gestivano i mulini (come i Flec, Ross, Anzil) avevano ruoli centrali nell’economia del borgo. Il Mulin dal Flec, ancora funzionante, testimonia l’importanza di queste famiglie nella produzione alimentare e nella vita sociale.
Poi, nel 2004, qualcosa cambiò. Un sacerdote, Don Alessio Geretti, nato a Tolmezzo, decise che Illegio poteva diventare un centro culturale. Fondò il Comitato di San Floriano, ristrutturò la Casa delle Esposizioni, e cominciò a organizzare mostre d’arte sacra con opere originali di Rubens, Tiepolo, Canova, Delacroix, Picasso. Ogni anno un tema universale: la bellezza, il perdono, la maternità, la fragilità. Ogni mostra è un viaggio, e ha portato a Illegio più di 450.000 visitatori. Ma non è turismo: è pellegrinaggio estetico. E ha dato lavoro a decine di giovani del posto, come guide, tecnici, comunicatori, restauratori. Così Illegio è rinato, non con una fabbrica, ma con la cultura.
Oggi, molti illegiani lavorano a Tolmezzo e nei comuni vicini. Alcuni sono impiegati alla Friulbräu di Amaro, altri nelle centrali idroelettriche, nei caseifici, nel turismo. Ma il cuore del lavoro resta qui, nel Comitato, nella mostra, nella cura del borgo. Non ci sono grandi aziende, non ci sono dinastie industriali. C’è solo una comunità che ha scelto la bellezza come mestiere.
E se decidi di visitare Illegio, fallo con calma. Arriva in primavera o in autunno, quando i sentieri sono asciutti e la luce è morbida. Fermati due giorni, dormi in una casa storica ristrutturata, mangia alla Buteghe di Pierute, dove il frico è croccante e la polenta profuma di legna. Cammina lungo la Via dei Mulini, sali alla Pieve, ascolta i vespri.




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