Noi consideriamo i commercianti e le imprese aperte degli eroi, in questa fase. Affiancare a loro iniziative fantasma, è veramente offensivo.
La realtà è questa: Belluno non rinasce, Belluno crolla. Dieci anni fa era tra le prime province italiane per qualità della vita, oggi è precipitata al 60° posto. Non è un dettaglio: è un tonfo verticale, il peggiore in Veneto e tra i più pesanti d’Italia.
Il crollo certificato
- Classifica ufficiale ItaliaOggi–Ital Communications 2025: Belluno perde 25 posizioni in un solo anno, passando dal 35° al 60° posto.
- Dieci anni fa: Belluno era stabilmente nelle prime posizioni, simbolo di equilibrio tra ambiente, servizi e qualità sociale.
- Oggi: la provincia è relegata nella fascia “accettabile”, lontana dall’eccellenza e con indicatori che segnalano un declino strutturale.
Dove si è perso terreno
- Sicurezza sociale: Belluno è penultima in Italia, con un crollo di 68 posizioni. I nuovi parametri (NEET, incidenti stradali mortali, decessi da alcol e droghe, sovraffollamento carcerario) hanno messo a nudo fragilità che prima o erano mascherate o non erano così pesanti.
- Affari e lavoro: arretramento di 23 posizioni. Il tessuto produttivo locale non regge la concorrenza e non genera opportunità.
- Ambiente: unico ambito dove Belluno si difende, al 43° posto. Ma non basta: la qualità ambientale non compensa il collasso sociale ed economico.
Le vetrine vuote come metafora.
Le vetrine “vive” allestite nel centro di Belluno sono il maquillage di un corpo malato. Non portano occupazione, non riaprono botteghe, non generano reddito. Sono scenografie che cercano di nascondere il vuoto. La classifica nazionale lo conferma: Belluno non è più un modello di qualità della vita, ma un caso di declino.
Il confronto impietoso
- Milano: prima in classifica, grazie a servizi, reddito e infrastrutture.
- Bolzano e Bologna: sul podio, con indicatori solidi.
- Belluno: 60ª, dietro province che un tempo guardava dall’alto.
Non servono slogan né vetrine decorate: servono politiche concrete per invertire la rotta. La fotografia ufficiale è impietosa: Belluno è passata dall’essere un’eccellenza a diventare un territorio in crisi, incapace di garantire ai suoi cittadini la qualità della vita che un tempo era il suo vanto.
Belluno e il Nordest: smontiamo la politica da scenografia, capiamo perché Bolzano e Trento funzionano, mentre altri arrancano
Il dato che non si trucca: chi sale e chi crolla
Milano resta prima per qualità della vita; Bolzano è stabilmente sul podio e Bologna sale, mentre Belluno precipita al 60° posto, con Trento in sesta posizione e Padova, Verona, Parma, Reggio Emilia nella top ten. Nel Nordest spicca la flessione di Pordenone (dal 9° al 23°) e Gorizia (dal 26° al 52°), segno che la tenuta non è uniforme. Questa fotografia è ufficiale, non un’opinione: racconta territori che investono in lavoro, servizi e infrastrutture contro altri che inseguono l’immagine.
Perché Bolzano e Trento reggono: leve vere, non set cinematografici
Bolzano guida “Affari e lavoro” e primeggia in ambiente e turismo: l’effetto combinato di occupazione, imprese innovative, gestione urbana e cultura produce attrattività reale, non scenografie. Trento è sesta complessiva e mantiene occupazione elevata, redditi in recupero e disoccupazione contenuta, grazie a servizi e politiche locali che incidono su mercato del lavoro e famiglie. L’autonomia speciale qui è sostanza: competenze legislative “esclusive”, maggiori strumenti di programmazione, tutela linguistica e governance tri-polare che permette alle Province di agire come regioni su materie-chiave. La recente spinta alla riforma statutaria rafforza competenze e clausole di salvaguardia, consolidando un vantaggio istituzionale operativoConsiglio della Provincia Autonoma di Trento+1. Sul piano economico, Banca d’Italia segnala crescita PIL intorno allo 0,7% nel 2024, occupazione elevata, redditi reali in risalita, turismo ai massimi storici e credito in miglioramento qualitativo: non boom, ma resilienza strutturale sostenuta da strumenti e capacità amministrativa.
Friuli Venezia Giulia: autonomia diversa, risultati misti
Udine brilla nell’istruzione (terza in Italia), ma la regione vive andamenti disomogenei: Pordenone arretra bruscamente, Gorizia scivola pesantemente, Trieste fra seconde posizioni nel turismo ma in coda per reati e sicurezza. Qui l’autonomia speciale esiste, ma l’efficacia varia per comparti e politiche locali: meno certezze rispetto alla solidità di Bolzano e Trento, più dipendenza da transiti, sicurezza e cicli industriali regionali.
Belluno, la realtà impietosa: occhialeria sotto pressione e vetrine che non creano reddito
Il comparto occhialeria concentra l’80% della produzione nazionale e impiega circa 12.800 persone nella valle di Longarone: è il cuore industriale della provincia. Ma l’export 2025 cala: -2,2% nel primo semestre, con il settore occhiali a -4,8%, e un crollo verso gli USA del -41,4%. Allarme sui dazi al 30%: il mercato americano vale da solo il 95% dell’export locale verso gli Stati Uniti, oltre un miliardo nel 2023; l’aumento tariffario sarebbe insostenibile e già si vedono segnali di frenata. Questo è il motivo per cui le vetrine “vive” non bastano: quando il motore industriale tossisce, la scenografia non paga stipendi. La discesa al 60° posto certifica il problema: i set urbani non compensano indicatori di sicurezza sociale e lavoro in caduta. Le inaugurazioni non risolvono la dipendenza da un singolo mercato e la fragilità del commercio locale.
Cosa funziona davvero: azioni efficaci, non cosmetiche
- Diversificazione export e filiere: spostare quote dagli USA verso nuovi mercati (messico, UE intra) e settori contigui è già in corso; va accelerata con strumenti camerali e incentivi mirati a Pmi innovative e supply chain locali.
- Politiche pro-impresa: il gruppo di testa nazionale mostra che i territori vincenti investono in “Affari e lavoro”, con startup, manifattura evoluta, e credito sano. Qui servono incentivi fiscali stabili, semplificazione, aree produttive attrezzate e servizi alla persona che trattengano competenze.
- Turismo e cultura come industria: Bolzano primeggia nel turismo perché integra trasporti, ricettività e cultura in un modello economico coeso; non eventi spot, ma pianificazione e standard. Replicare senza clonare: identità dolomitica con servizi veri, non vetrine temporanee.
- Governance e autonomia: dove l’autonomia è potere operativo si programmano meglio lavoro, ambiente, credito e servizi. Belluno non ha statuto speciale, ma può pretendere dal Veneto e dallo Stato strumenti simili su singole leve (zone a burocrazia semplificata, accordi di sviluppo, intese su formazione-lavoro). L’esperienza TAA mostra che competenze chiare e clausole di tutela fanno la differenza.
- Mercato del lavoro e redditi reali: Trento recupera redditi e sostiene consumi con occupazione e retribuzioni in crescita; imitare questi driver è più efficace di “effetto cinema” urbano. Si punta su formazione tecnica e raccordo scuola-impresa per la filiera occhiali e meccatronica locale.
Bisogna smettere di recitare, iniziare a governare
Bolzano e Trento non vincono per la vernice sulle vetrine: vincono per strumenti, programmazione e risultati misurabili su lavoro, redditi, turismo e ambiente. Udine e il FVG mostrano che autonomia senza politiche coerenti non garantisce successo. Belluno scende perché ha confuso comunicazione con crescita, mentre la sua industria chiave è sotto shock: qui servono scelte dure, non coreografie. Diversificare export, rafforzare filiere, pretendere competenze amministrative reali, investire su formazione e servizi. Il resto è scenografia, e la scenografia non paga i conti.
Fonti: ItaliaOggi–Ital Communications, Università Sapienza di Roma. Affari&Finanza




